Origini e vicende del monastero Benedettino di San Fortunato di Bassano

 

Prefazione dell'autore

 

ll nome di San Fortunato, che sta all'origine dell’insigne monastero di Bassano di cui si vuol trattare in questo libro, deriva evidentemente dalla parola ”fortuna”. Ma da quale fortuna? Questa voce, infatti, di origine latina aveva un tempo significato ambiguo, essendo adoperata per designare indifferentemente sia la "fortuna bona" cioe la nostra fortuna, come la "fortuna mala" cioe quella che noi diciamo malasorte o sventura. Penso sia stata proprio questa ”fortuna" ambigua a farmi incontrare un giorno con la vicenda storica di San Fortunato e quindi permettermi di recare a termine non senza pene e incertezze varie anche questa fatica. Tra i beni patrimoniali dei monaci di San Fortunato c'era una volta anche un molino: antico e glorioso come il monastero stesso, e per giunta collaudato dal tempo e dalla brentane. Muovendo lentamente le sue quattro ruote nelle acque della rosta di casa esso, a quanto dicono le pergamene, macinava lento, ma fino. Oggi i nostri molini, come del resto i molini stessi degli storici attuali, non hanno piu bisogno in genere né di roste, né di acqua, né di ruote, né di mole di pietra "recoara" per macinare... Salvo quelli che resistendo alle novita della moda e della ”cultura" d'oggigiorno, continuano, come spero nel mio caso, a macinare il loro grano all'antica... e cioe in modo lento ma fino. Non so pero con quale coraggio e soprattutto con quale ”fortuna"... E vero, i nostri antichi padri parlando di questa dea bendata solevano dire in una lingua oggi, purtroppo, in disuso: ”Audaces Fortuna iuvat! La Fortuna aiuta chi ha coraggio". Ma i monaci del nostro monastero furono i primi a perderlo, il coraggio! Sull'architrave, infatti, della loro porta di casa avevano fatto incidere il seguente amaro e ironico saluto: ”Non tibi Fortunae sed Fortunato salve! Il nostro benvenuto non sia per te, cara Fortuna, ma per Fortunato!". Ma per quale Fortunato? mi viene da domandare... Per quello delle monache di San Felice, giunte fra noi a fondare il loro monastero agli inizi del Mille o per quello dei monaci benedettini di Santa Giustina? Come si sa, di santi che rechino questo nome, stando ai diversi calendari della Chiesa, ce ne sono parecchi: quasi, se non oltre, una ventina!... Le monache benedettine di Vicenza invocandolo come loro patrono, dovevano senz'altro appellarsi a quello di Vicenza, fratello e compagno di martirio nel 296 d.C. di San Felice; mentre i monaci padovani, giunti da noi agli inizi del Quattrocento, abbinandolo nella loro devozione al suo vescovo Sant’Ermagora, martire insieme con lui sotto Nerone nel 66 d.C., dovrebbero essersi messi sotto la protezione di un altro Santo, il quale essendo nativo di Aquileia non ha nulla a che vedere con quello di Vicenza... A chi dunque dei due dovremmo aprire per primo la porta di casa? L'apostolo San Paolo, arrivato nei suoi viaggi apostolici ad Atene, capitale della cultura antica, per annunciarvi il vangelo, si presenterà ai cittadini di quella grande città dicendo: ”Vedo o Ateniesi che voi siete molto religiosi. Passando, infatti, davanti agli altari e ai templi della vostra città ne ho trovato uno dedicato addirittura al ”dio ignoto"! Ebbene è proprio di questo dio, che voi onorate senza conoscerlo, che io oggi voglio parlarvi". Le parole dell’apostolo, mutatis naturalmente mutandis, potrebbero andar bene anche per me come incipit o prefazione di questo libro.

 

 

Ringraziamenti

 

L’autore di quest'opera ringrazia quanti ne hanno patrocinato e sostenuto moralmente e finanziariamente la pubblicazione. In particolare esprime un grazie cordiale al dottor Paolo Sartori, solerte e intelligente custode de1l'eredità monumentale di San Fortunato per l'amore e la passione con cui ha seguito il suo studio e gli ha aperto il cammino all'acquisizione interpretativa di tanti elementi conoscitivi utili e necessari a concludere felicemente la sua ricerca. Coglie infine 1'occasione per ringraziare vivamente anche le gentili signore Giuliana Fontana Carraro, Nella Pin ed Emanuela Signori Cavalli che gli sono state vicine e gli hanno messo a disposizione il loro tempo e la loro competenza nella correzione delle bozze e nella compilazione degli indici.

 

Don Franco Signori

 

Memorie, cronache e personaggi intorno alla Festa Votiva di San Fortunato

 

Prefazione dell’autore

 

L’idea di un libro sul convento di San Fortunato nacque intorno agli anni del centenario della Festa Votiva (1979). Fu allora pubblicato un opuscolo, a cura del direttore del periodico parrocchiale ”La Voce dei Giovani"; poi il Prof. Mons. Gio. Mantese tenne nella chiesa di San Fortunato, venerdi 5 ottobre 1979, una interessante Conferenza sulle origini e la storia dell’antico monastero (nella stessa occasione il poeta bassanese Gino Pistorello proclamò la sua bellissima composizione ” El Centenario”). Tuttavia, sia dal primo libretto, come pure dal discorso dello storico Mantese, emergevano forti ombre ed assoluta mancanza di documenti certi sulle origini remote del complesso monastico. Ci voleva proprio tutta la perizia di don Franco Signori per fare un po' piu di luce sul mistero, anche se rimangono ancora non pochi punti oscuri. La nuova ricerca storica è stata voluta e promossa dal Comitato di quartiere di San Fortunato, al fine di trovare nella storia nuovi e sempre piu forti motivi di coesione umana ed una certa identità storica in un quartiere in rapidissima evoluzione, evitando di cadere nell’anonima abulia caratteristica di tanti nuovi agglomerati urbani. Come segretario del Comitato di quartiere, nonché incaricato del servizio presso la chiesa (nonsolo) in occasione della sagra di San Fortunato, ho ritenuto opportuno dare il mio modesto contributo all'opera storica programmata. L’idea primitiva era semplicemente quella di ricercare nei vecchi documenti, in mia custodia, tutti i personaggi e fatti in qualche modo legati alla Festa Votiva annuale, in modo da fornire una traccia per la raccolta e commento del materiale iconograiico da pubblicare. Ma, a lavoro concluso, mi resi conto che troppo spesso l’entusiasmo mi aveva preso la mano, per cui il mio elaborato difiicilmente si sarebbe amalgamato con lo scritto principale del nuovo libro. Allora, buttare tutto sul fuoco? Sarebbe stato un peccato. Il Comitato ritenne opportuno pubblicare un supplemento allegato all'opera principale: forse qualche lettore troverà  piacevole rivisitare i ricordi del nostro passato.  Analizzando le vecchie carte della "sagra" mi sono sempre attenuto alla realtà documentata, quando possibile; ho invece dato un’interpretazione, laddove necessario, basandomi sulla mia esperienza diretta e sulle testimonianze degli anziani della contrada, ma soprattutto su quelle di mio padre, "nonsolo" della sagra a partire dagli anni '20 fino alla sua morte nel 1976. Mi auguro di cuore che il lavoro sia ben accetto non solo alle famiglie ”storiche” del rione, che troveranno tra le righe i nomi e gli atti dei loro padri, ma anche a quanti altri sono venuti a vivere piu recentemente in questa contrada. Auguro che questo possa costituire per tutti la base per un cosciente ed ordinato progresso civile.

 

Giuseppe Zonta